Il Ducato di Parma e Piacenza si è distinto per le iniziative delle sue gazzette quotidiane nel ricordo della vittoria olimpica di Pino Dordoni settant'anni fa a Helsinki. Giovedì 21 luglio i due giornali «Libertà» a Piacenza e «Gazzetta di Parma» hanno dedicato ampi spazi alla celebrazione dell'atleta e del suo trionfo olimpico.
La «Gazzetta di Parma» (la cui nascita è datata 1728, una delle più antiche d'Italia) ha ospitato un ben documentato articolo del nostro socio Giorgio Lo Giudice, scritto che occupa un ampio spazio a pagina 30. Lo Giudice, per molti anni professionista alla redazione romana della «Gazzetta dello Sport», collabora da alcuni anni con il quotidiano parmense. L'articolo è davvero gradevole perchè ha miscelato sapientemente le notizie storico-sportive con i ricordi personali del giornalista, che la grande passione ha portato ad essere atleta, dirigente, allenatore, e a dedicare una parte rilevante della vita al nostro sport. Socio dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana, ha voluto dare il suo contributo al ricordo di Pino Dordoni, che ha avuto la sorte di frequentare personalmente, e alla sua indimenticabile vittoria olimpica.
Da parte sua, «Libertà», a Piacenza, ha dedicato un inserto centrale di dodici pagine al ricordo di Pino Dordoni che piacentino era per nascita e per crescita sportiva, anche se al momento del successo olimpico vestiva la maglia bianca con la «vu nera» sul petto della società bolognese S.E.F. Virtus Bologna. Il giovanotto, in quegli anni, aveva assoluto bisogno di un posto di lavoro per aiutare il suo papà e suo fratello, ma lo trovò...a Bologna non a Piacenza. Molti elogi, molte pacche sulle spalle per strada, ma un posticino da fattorino? neanche parlarne! Nel 1953, dopo il trionfo olimpico, ebbe l'opportunità di tornare nella sua città...chi l'avrebbe detto? Alla consegna della solita inutile medaglia c'erano tutti i tromboni della «banda cittadina»: sindaco, presidente del C.O.N.I., prefetto, e via enumerando. Per fortuna che Pino non si faceva impressionare, era abituato a guardare in faccia gli avversari per sapere quando attaccare. Diceva quel tale: niente di nuovo sotto il sole, Ieri come oggi. In questa vicenda che solamente, ripetiamo solamente alcuni soci dell'A.S.A.I. hanno voluto, sostenuto, realizzato, e portato a compimento, senza l'aiuto di nessuno, abbiamo toccato con mano la pochezza di un bel numero di persone, di tutte le istituzioni, sportive o politiche che siano. Non ci sono mancate le delusioni, anche grandi. Ci rimane, intatto, anzi accresciuto, l'affetto che abbiamo portato a quest'uomo. E siamo orgogliosi di aver fatto qualcosa, quel poco che era nelle nostre possibilità, per rinfrescare la sua memoria. E ringraziamo quei pochi che ci sono stati vicino, come Giorgio Lo Giudice, cuore grande di una Roma de' Campo de' Fiori e di Trilussa, che, forse, è già sparita del tutto. Tanto ci sarebbe da fare ancora, ma abbiamo la convinzione che sarebbe come dare il caviale ai somari.