Venerdì 20 dicembre 2019, cimitero di Costermano, sulla strada che dal lago di Garda, sponda veronese, sale verso i circa duemila metri del complesso montagnoso del Baldo. Giornata di pioggia, che sferza il gruppetto di soci del nostro Archivio Storico dell’Atletica Italiana «Bruno Bonomelli», convenuti da tre diversi punti della provincia bresciana, che sta giusto dirimpetto. Erano presenti Elio Forti, Enzo Gallotta e Ottavio Castellini; Albertino Bargnani e Giulio Salamina; Giulio Lombardi ed Erminio Rozzini, in rappresentanza della Virtus Castenedolo. Accogliendo un velato invito – non tanto velato… – in una nostra precedente corrispondenza, si sono uniti Sara Simeoni ed Erminio Azzaro, la cui dimora di Rivoli Veronese è distante una manciata di chilometri da Costermano. Una presenza che ci ha onorato, ed ha onorato soprattutto Adolfo Consolini.
Per lui eravamo lì, per ricordare i cinquanta anni della sua morte, avvenuta a Milano, una Milano e un Paese che stavano vivendo drammaticamente i giorni cupi appena successivi alla strage nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana. Adolfo se ne andò in pochi mesi; ce ne parlò, con non celata commozione, Adolfo Rotta, che gli fu vicino in quell’ultimo periodo. Eravamo a Castenedolo, due anni fa, un piccolo convegno fra amici, i soliti, sì proprio i soliti, quelli che vogliono solo ricordare e onorare, senza far sfoggio di…niente. Ricordi fra di noi, che custodiamo gelosamente, sacrestani della nostra piccola parrocchia atletica con sempre meno fedeli. Ricordi come quelli di Sara ed Erminio, quest’ultimo soprattutto, che ricordava con noi quell’omone dalle mani gigantesche che andò in visita nell’albergo che ospitava i ragazzi della Nazionale in partenza per un incontro fra Nazioni e li volle conoscere tutti, ad uno ad uno. Sara, in quel 1969, si era appena affacciata alla ribalta, Erminio era primatista italiano e si era messo al collo una medaglia di bronzo ai Campionati d’Europa ad Atene. Bronzo che poteva essere oro se non avesse pasticciato sull’ultimo salto a 2,20, vittima della…fifa di sconfiggere il mostro sacro Gavrilov. «Il professor Vittori mi aveva fatto una testa così con ‘sto Gavrilov, adesso ce l’avevo lì e potevo batterlo, ma il tarlo nel cranio mi diceva: non è possibile. Feci il più brutto salto di tutta la gara». Era il 19 settembre. Sara, sedicenne, qualche giorno dopo, il 28, a Massa, vinse il titolo allieve con 1.60.
Piccolo gruppo attorno a una tomba, grandi ricordi, sussurrati sottovoce, con compostezza, attorno a quel sarcofago che contiene le polveri del più amato dei campioni italiani di ogni tempo. Sara, Albertino, Giulio ed Erminio hanno deposto una corona di alloro a nome dell’A.S.A.I.
Poi ce ne siamo andati, sempre sotto la pioggia. Sembrava la giornata londinese del luglio 1948, quando Adolfo e il suo compagnone Beppe Tosi, regalarono all’Italia qualcosa di molto più prezioso di due medaglie olimpiche: l’orgoglio di essere italiani. Ce ne siamo andati anche un po’ infastiditi, ce lo siamo poi detto fra di noi, da uno sfregio che è parso a tutti una goliardata irriverente: al busto che sovrasta il marmo una foto legata con uno spago. Sarà contento lo scultore Dino Morsani se verrà a sapere che la sua opera serve per esibizionismi irrispettosi. Noi ci auguriamo che l’Amministrazione comunale di Costermano abbia il buonsenso di rimuovere tale bruttura.
Il servizio fotografico è del nostro socio Elio Forti. Tutte le foto scattate durante la nostra visita al cimitero di Costermano sono disponibili in Galleria immagini